Ritorno alla Natura. Evoluzione o Involuzione?

Qualcuno afferma amaramente che il Pianeta Verde non ha saputo aiutarlo a trovare una risposta.

Questo film del 96, suscita a un ragazzo il ricordo di un fisico francese, Loup Verlet, di cui si parla in un libro uscito nel 79 dal titolo “Lavorare meno lavorare tutti. Solo due ore al giorno” ad opera del collettivo ADRET. Verlet dimostra che se utilizzassimo tutte le tecnologie messe a disposizione dalla società l’uomo dovrebbe lavorare giornalmente solo due ore, passando da una fase primitiva di lavoro col solo scopo di portare a casa cibo, a una fase creativa, cioè quella data dal costituirsi tempo libero per innaffiare l’orto delle proprie passioni. È considerabile un po’ un’utopia, ma di certo più fattibile dell’involuzione allo stato primitivo e naturale dell’uomo presentata nel film come un’evoluzione psichica.
È un’utopia opposta: la tecnologia riesce a risolvere i problemi, esattamente al contrario dell’utopia de Il Pianeta Verde, dove la tecnologia cessa di esistere ai fini di una evoluzione migliore.

Non bisogna però perdere di vista che il film è una commedia basata sul paradosso. La società che rappresenta non è perfetta, ed è dimostrato dal fatto che ogni anno si riuniscono con dei rappresentanti (c’è una certa verticalità, non è del tutto orizzontale come sistema)

Se quello che siamo adesso per loro è solo una società ormai soppiantata, loro non dovrebbero avere piacere a guidare la macchina sulla terra o a importare la musica nel loro pianeta, dunque la società perfetta è solo un pretesto per creare il paradosso e fare riflettere sulla società in cui viviamo, che è completamente imperfetta e fuori dalla logica utopica.
Quindi il film, più che puntare lo sguardo su come deve essere la società perfetta, tende a farci capire dove stiamo sbagliando nella nostra società. È un film ideale per far riflettere le persone sulla direzione che stiamo prendendo: sbagliata!

In riferimento al fisico francese, infatti, tralasciando il discorso sull’uso della tecnologia, la base della politica comunista è lavorare meno e lavorare tutti. Se tutti i disoccupati lavorassero, lavoreremmo tutti meno e potremmo dedicare il nostro tempo allo sport, alla famiglia e alla piacevolezza della vita molto più che ora.

Infatti, ribadisce qualcuno, la comunità presentata ne Il Pianeta Verde ha delle imperfezioni: per esempio, il controllo delle nascite è una cosa molto controversa, adottata oggi da vari stati ma che ha avuto esiti contraddittori.
In fin dei conti, tornando dalla terra, cosa si portano dietro i protagonisti? Due belle ragazze, un orfanello e la musica. Hanno un’altra visione culturale, ma non aiutano la Terra, non hanno idea di come risolvere la situazione complessa e intricata della terra, di come velocizzare il passaggio a una rinascita e a una evoluzione. Semplicemente dicono che ci vorrà tempo. E’ una condizione di vita diversa, non per forza considerabile migliore.

Molto interessante è infatti il disinteresse con cui la protagonista va sulla terra: compie un viaggio per curiosità, per conoscere, non ha pregiudizi, non si sente superiore e non vuole portare le condizioni del Pianeta Verde sulla terra. Ogni volta che l’Europa, per esempio, ha creduto di scoprire un nuovo mondo, l’ha sempre fatto in un’ottica di interesse politico ed economico e non in un’ottica di conoscenza. Interessante dunque il disinteresse che forse noi non abbiamo. Sia singolarmente, che socialmente e a livello politico, come singoli paesi o stati, c’è sempre un fine. Al 95% delle volte, storicamente, il fine è stato sempre affaristico e anche negativo.

Invece la protagonista se ne va nell’ombra, non cambia Parigi nè la società francese. Non attua una rivoluzione ma si confronta con chi ha incontrato.

Anche se qualcosa, nel suo piccolo, fa cambiare…La disconnessione nel film lascia perplessi. E’ più una connessione con la propria sincerità, la verità, la natura stessa. Il contatto stesso con la terra in una connessione senza barriere, quando il signore anziano a inizio film toglie le scarpe e poggia i piedi nudi sul cemento, o quando il signore a cui viene urtato lo specchietto della macchina viene disconnesso e abbraccia l’albero.

Come è difficile accettare ciò che è diverso o, meglio, ciò che non si conosce? Molto spesso il grado di piacevolezza di un’esperienza ha una corrispondenza col grado di conoscenza della stessa.

Ma cosa significa evoluzione? Evoluzione, in base a quale ambito?

In un’ottica romantico-utopistica qualcun altro esprime la sua ipotesi a riguardo.
“Mi piacerebbe che esistesse un’evoluzione basata sul fatto che le persone dicano la verità-  afferma -Pensi che le persone dicano il vero?”
Dove c’è intelligenza, dice, c’è sviluppo e progresso. Quando c’è intelligenza questo progresso è enorme sotto ogni punto di vista, ed è la base per una evoluzione.
Si pensi al sistema fallimentare, in cui viviamo tutt’ora, come ad una fabbrica che crea falsità e sfruttamento, e che al giorno d’oggi potremmo chiamare da molti punti di vista come un qualcosa che ha a che fare con mafia, criminalità, tentativo di far passare la furbizia come una forma di intelligenza, quando in realtà non lo è. Tentare, in parole povere, di fottere il prossimo come se fosse una necessità, che è un po’ quello che il capitalismo o l’arrivismo nella loro ottica di competizione spingono.
Al contrario, sul Pianeta Verde, tutte le forme di economia e gestione vengono fatte tra persone che si capiscono (al di là dell’unica razza, e si noti che non c’è una sola persona di colore in tutto il film)
La base di un processo sano di evoluzione è dunque il capirsi, il comunicare. Se solo si fosse tutti più intelligenti, genuini, spontanei ed empatici…
Al giorno d’oggi si potrebbe avere una evoluzione basata proprio sull’intelligenza, sul fatto che ci si capisce, sul mettersi d’accordo in maniera chiara basandosi sul rispetto e sul comune accordo che Tizio sia meglio di Caio per dei motivi, ma che Caio sia meglio di Tizio per altri, e che questi motivi vengano resi sinergici tra loro. Probabilmente si creerebbe qualcosa di migliore e positivo per tutti. Ci sarebbe evoluzione e verità.

L’evoluzione presentata nel film è invece un’evoluzione psicologica, di empatia, della riscoperta dei valori tanto apprezzati dal Pianeta Verde negli aborigeni australiani.

Per completare l’ipotesi di una evoluzione basata sull’intelligenza e il rispetto, va detto che il processo stesso di evoluzione andrebbe fatto in modo RAZIONALE. Anche col più grande mascalzone della terra si può parlare per farlo ragionare. Bisogna quindi fare forza sulla mentalità rispecchiata nel film: la razionalità come arma, se vogliamo vederla da un punto di vista negativo, ma anche come qualità. Anzi, massima qualità che noi esseri umani abbiamo. “E se noti è tutto calcolato a fin di bene, poiché se una cosa viene spiegata e dimostrata favorevole a livello matematico (razionale), alla fine riesci a convertire al bene chiunque, perché sai che fa bene a te e alla collettività.”

È anche vero, però, che quando i politici nel film parlano di statistiche e vengono disconnessi, è il momento in cui “fanno mangiare merda a tutti”. Recenti ricerche dimostrano come il Pil non corrisponda minimamente all’uguaglianza sociale.

“La metà della popolazione più povera, circa 3.5 miliardi di persone, ha un reddito annuale pari a quello degli 85 uomini più ricchi del pianeta. Circa metà della ricchezza è detenuta dall’1% della popolazione mondiale.”

Se però si parlasse di più e ci si capisse, le differenze non verrebbero tanto soppiantate ma livellate.

Un altro spunto arriva dal fondo: quanto spesso stiamo su una linea di percezione delle cose totalmente già strutturata? A noi spesso va bene così com’è. “Sorrido nel momento in cui c’è il rapporto tra personaggio fantascientifico e la terra con tutti i suoi aspetti positivi e negativi, questa differenza così abissale da noi è vista invece come un fatto del tutto normale. Se noi riuscissimo a utilizzare occhi diversi vedremmo come le cose, a volte, nel nostro stesso  mondo sono distanti anche da noi stessi”.

Belle le prime scene in cui la protagonista arriva sulla terra e fa vedere il nostro mondo con degli occhi diversi, molto più negativi dei nostri che sono assuefatti dalla quotidianità di cemento, smog e “esposizione di carni morte”.
Interessante poi come inizialmente la protagonista sia affascinata dagli alti alberi, inorridita dal cemento e poi nuovamente affascinata dagli alberi costruiti ai lati dei marciapiedi, in mezzo al cemento. E’ un pensiero confusionario, c’è qualcosa di positivo incastrato in qualcosa di negativo.
Forse questo può farci riflettere su come stendiamo quotidianamente un velo d’abitudine sulle cose negative, ma anche su quelle positive. Per esempio: quante volte pensiamo che un albero è bello? È un’arma a doppio taglio.

Sorge dunque spontanea una domanda provocatoria: ci sarà mai un giorno in cui ci renderemo conto che anche il marciapiede è bello?

Ciò che è costruito dall’uomo non è per forza brutto. Anche nel marciapiede c’è della poesia e merita come l’albero di  essere guardato con occhi diversi nell’ovvietà con cui invece lo si pesta quotidianamente.
Noi ci camminiamo sopra e gli manchiamo di rispetto tutto il tempo, se vogliamo estremizzare il concetto.

E’ anche vero, però, che l albero è cresciuto da sé, il marciapiede l’abbiamo costruito noi, così come costruiamo tutti i giorni i problemi su cui mettere i piedi sopra.

Viviamo in un mondo in cui non abbiamo contatto con niente di quello che il nostro pianeta ci donerebbe spontaneamente: diamo per ovvio di essere al di fuori della natura, come se non ne facessi parte, e come se qualcuno ci avesse detto che siamo padroni di questo pianeta. Il film, invece, mostra che non è proprio così. Piuttosto c’è qualcosa, là fuori, di cui facciamo parte.

Ognuno si ponga più  spesso questa domanda: qual è la differenza tra me e l’albero?

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Una risposta a Ritorno alla Natura. Evoluzione o Involuzione?

  1. Noemi ha detto:

    Davvero molto interessanti le riflessioni emerse, soprattutto la parte finale che si concentra sui due punti di vista ( della protagonista e del terrestre conpletamente immerso nell’ambiente ma allo stesso tempo estraneo e alienato dalla sua stessa creazione artificiale), così si fa “cineforum”. Aspettiamo con piacere di leggere il seguito. Buona Giornata da Radio Safari 🙂

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